L'uomo che sapeva fare miracoli
Daniil CharmsL’OPERA - Un uomo esce di casa per fare compere e lungo la strada un mattone gli cade sulla testa. Poi un altro. E un altro. E un altro ancora finché l’uomo dimentica ciò che doveva acquistare, il luogo da cui veniva, il suo nome; la sua identità. Cani e gatti che volano, granchi che brandiscono asce, cornacchie con cinque zampe. Fate esaudienti, bottegaie piacenti, passeggeri di un tram filosofeggianti. C’è un signore basso che dorme nell’armonium.
Dagherrotipi che immortalano una realtà senza equilibri, dal cuore selvaggio, i folgoranti testi di Charms - graziati da una levità fanciullesca, eppure foscamente minacciosi - magnificano le imperfezioni di un mondo che non può, né deve, essere ricondotto a un ordinamento logico, o anche solo a una levigatezza classicamente intesa. Ecco allora scoppi di violenza, scene affastellate di oggetti bizzarri, gesti ossessivi che tradiscono l’inesauribile tensione fra l’anelito dell’uomo a trovare un senso all’esistenza e l’impossibilità di ignorare l’assurdità del vivere, ganglio degli scritti qui raccolti, che spaziano dalla metà degli anni venti alla fine degli anni trenta.
Fra gli esiti più alti e amaramente umoristici della letteratura russa, gli scritti di Charms - per lungo tempo osteggiati in patria a causa del contenuto antirazionalistico e della raffigurazione tutt’altro che edificante del regime sovietico - rappresentano una delle esperienze letterarie più originali del Novecento. Il Saggiatore ne pubblica oggi una silloge originale, da cui la voce di Charms emerge con nitidezza.